E’ uscito, per i tipi di Enne Enne Editore, “Una perfetta geometria” di Giorgio Serafini Prosperi
Giorgio Serafini Prosperi, romano, figura poliedrica dello spettacolo italiano, annovera nel suo curriculum le attività di attore, autore teatrale, televisivo e cinematografico, regista oltre che di mindfulness counselor. Il 2016 ha visto il suo debutto come autore di narrativa.
La sua opera prima, un romanzo giallo dal titolo “Una perfetta geometria” pubblicata a giugno dalla Enne Enne Editore di Milano, è già alla sua prima ristampa.
Giorgio, iniziamo innanzitutto con la tua storia professionale che non può prescindere da un accenno alle tue molteplici attività!
La mia principale occupazione è evitare di lavorare, quando non riesco sono comunque impegnato in attività concernenti la scrittura… A parte gli scherzi, ho debuttato come attore all’età di 10 anni ed è la scrittura teatrale la forma espressiva che prediligo in assoluto e per la quale ho vinto due volte il Premio Flaiano. La grave crisi che ormai da troppo attanaglia il teatro, rendendo pressoché impossibile la messa in scena di nuovi spettacoli, mi ha spinto negli anni a scrivere anche per il cinema e per la televisione, per canali come Rai Storia, ad esempio, con il quale ho collaborato recentemente.
Da dove è scaturita l’esigenza di scrivere un libro, che implica un diverso stile narrativo rispetto a quello che può essere, ad esempio, un testo teatrale?
Ti confesserò una cosa, la mia immaginazione è strettamente legata al mio modo di scrivere. La mia fantasia lavora per immagini in movimento. L’estrema difficoltà di realizzare un proprio prodotto teatrale o cinematografico, mi ha spinto a “mettere in scena” la mia storia su carta, è stato un escamotage low cost per vedere rappresentata una mia storia, potendola curare dalla sceneggiatura alla regia. Di solito, l’autore che vede reinterpretato e rimaneggiato il suo racconto in un adattamento cinematografico deve per forza subire dei compromessi, in questo caso io ho curato tutte le fasi, lasciando libero poi il lettore di completare l’opera con la sua fantasia. In fondo, raccontare storie è quello che so fare.
Perché proprio un romanzo giallo?
In tutta onestà non amo particolarmente il genere, ma ritengo che sia il più vicino alla struttura narrativa classica; da duemila anni a questa parte non abbiamo inventato nulla, penso a Sofocle ed alla tecnica del disvelamento ad esempio, assimilabile alla trama di un poliziesco. Mi affascinano le architetture delle storie, mi piace prendere per mano il lettore (o lo spettatore) e condurlo nei meandri della narrazione alla scoperta della verità ma, soprattutto, dell’interiorità dei personaggi.
A questo proposito, il sottotitolo del tuo libro è “un giallo italiano”. Il tuo romanzo ha come fine ultimo la trasmissione di un messaggio sociale?
Esattamente. Seguendo il protagonista nella sua indagine il lettore conoscerà a fondo i personaggi ed il loro aspetto interiore, il vero motore che li spinge a comportarsi come si comportano, ed è solo alla fine che tutto avrà un senso. A me piace definire il mio romanzo un romanzo esistenziale. Il protagonista, nonostante la sua bassa autostima, si butta nelle indagini non concedendo alla sua scarsa opinione di sé di essere un alibi. Il messaggio è di affrontare la fatica di vivere e di rischiare in prima persona, nonostante ci si senta inadeguati.
Un po’ come i famosi “puntini” di Steve Jobs…
Proprio così. A posteriori tutto trova una spiegazione. Nulla è demandato al caso nella vita. Azioni, percorsi e accadimenti apparentemente ininfluenti possono condurre ad esiti inaspettati, il segreto è essere aperti alle opportunità che ci si prospettano. La riprova di questo è il libro stesso e la sua pubblicazione, avvenuta tramite percorsi stupefacenti per quanto inattesi.
Parliamo del protagonista dal nome un pochino impegnativo: Adriano Panatta…
Eh si… Si chiama così. Non è naturalmente il famoso tennista, è soltanto un omonimo. Sono stato accusato di aver fatto una “furbata” per aver adottato un nome già noto. In realtà ritengo che la scelta dei nomi da dare ai personaggi sia essenziale e che debbano rispettare una certa eufonia, aggiungi poi che da piccolo ero un fan sfegatato di Adriano Panatta, quello vero. Al momento di dare il nome al personaggio non potevo scegliere che questo, per il profondo significato che riveste per me.
Anche il tuo Adriano Panatta rientra nella scia degli investigatori, in un certo qual modo “sfigati” (passami il termine) o comunque non vincenti, come Rocco Schiavone o Coliandro ad esempio, è una moda?
Più che mai credo sia un cliché. A me piacciono comunque i personaggi “belli e maledetti”, o che, malgrado loro stessi, hanno grandi doti che non riescono a mettere a frutto; probabilmente in tutto questo c’è un che di autobiografico di una vecchia visione di me. Comunque non mi piacciono assolutamente i personaggi cinici e senza speranza.
Panatta quindi è un personaggio autobiografico?
Non so se sono io in modo esasperato, o forse un’immagine di me come mi piacerebbe essere o come non mi piacerebbe essere, ma sicuramente l’aspetto autobiografico è presente. Credo sia anche terapeutico, in un certo senso, traslare in un personaggio alcuni aspetti di sé, esasperandoli.
Nel tuo libro c’è anche un pezzettino d’Umbria…
Si, vero. Il romanzo è ambientato a Roma, prevalentemente nel quartiere dove sono nato e cresciuto, i Parioli. Una scena però è ambientata a Spoleto, sul Ponte delle Torri, luogo peraltro altamente suggestivo. Non a caso parliamo di “scena”, come sceneggiatore ho sempre bisogno di veder agire i miei personaggi all’interno di una scenografia definita, ed anche la scelta di Spoleto deriva da un episodio della mia vita.
Con tutte le sue contraddizioni sicuramente l’ex commissario Panatta ha già un nutritissimo pubblico di affezionati. Tornerà con nuove indagini?
Sicuramente si! Intanto il 27 febbraio uscirà un mio libro per Sonzogno dal titolo “Ho mangiato abbastanza”: tratterà della mia esperienza con il cibo e di una corretta relazione con il cibo stesso. Con Adriano Panatta l’appuntamento è per la primavera/estate 2017, nel frattempo sto approfondendo la conoscenza dei nuovi personaggi…
di Benedetta Tintillini